3 marzo 2009

La cena più cara del mondo

Manager rifiuta di pagare la serata da Cracco "Non basta il tartufo per un conto da 4.140 euro"
PAOLO COLONNELLO
MILANO


Tagliolini, uova al tegamino e una bella grattata di tartufo d’Alba. Il tutto innaffiato da ottimo vino. Cena da intenditori. Da Cracco, uno dei ristoranti migliori d’Italia. Solo che quando è arrivato il conto, presentato dal cameriere all’amministratore delegato di una grande società, la cena è diventata al veleno. Il conto: 4.140 euro, e sono dovuti intervenire i carabinieri prima che clienti e ristoratori venissero alle mani. Poi è toccato agli avvocati. E adesso spetterà a un giudice civile stabilire chi dovrà bere l’amaro calice del risarcimento. Perché il manager è uscito senza pagare. E’ successo il 13 dicembre scorso. Nel ristorante di via Victor Hugo, 100 metri dalla Madonnina, si siedono in sei: il manager e cinque suoi ospiti. Il clima è prenatalizio, l’ambiente discreto e la cena prevede tartufo bianco grattugiato su tagliolini e uova al tegamino. Il tutto accompagnato da un menù classico di Cracco (150 euro a persona), con un aperitivo a 20 euro e due bottiglie di vino pregiato da 180 e da 150 euro ciascuna. S’alzano i calici, si loda il tartufo ma quando il cameriere porta il conto, iniziano le convulsioni. «Scusi, forse c’è un errore».


Macchè. Anzi, se un errore c’è, fanno notare al ristorante, è a favore dei clienti visto che a fronte di 6 coperti calcolati, sulla ricevuta si parla di 4 portate. Le sole grattugiate di tartufo vengono calcolate in 300 grammi a 10,9 euro il grammo, per un totale (cucina compresa) di 3.730 euro. Il manager pretende un forte sconto, sostiene che il tartufo, grattugiato con generosità, non è stato pesato né prima e né dopo. E che comunque, per una cena identica l’anno passato, aveva speso per due persone 630 euro. Ora, risultano 690 euro a persona. Cracco propone 700 euro di sconto ma l’offerta viene sdegnosamente rifiutata. Due giorni dopo il manager scrive a Cracco allegando un assegno da 2.000 euro che ritiene essere il giusto prezzo, calcolato «sulla base di precedenti vostri scontrini per cene sostanzialmente equivalenti». L’amministratore spiega inoltre di non aver pagato quanto richiesto «ovviamente stante non solo la smodata eccessività del prezzo ma soprattutto la totale imperscrutabilità del consumo esposto (nessun peso è stato fatto constatare e sul menù non compariva il prezzo al grammo)». Questa volta è Cracco che respinge al mittente l’offerta, parla di «arbitraria e incongrua autoriduzione» e anzi lo informa di aver presentato una denuncia ai carabinieri: «La pesatura, contrariamente a quanto esposto è stata effettuata direttamente al tavolo».


Il reato ipotizzato è di insolvenza fraudolenta, due anni di reclusione. A questo punto l’amministratore delegato si è rivolto al giudice civile. Risentito, lo chef Carlo Cracco parla di «inciviltà». «Le persone civili pagano ciò che comprano - commenta -. Invece questo signore non ha pagato ed è stato denunciato». Cracco non vuole aggiungere molto, tanto meno come si giustifica un prezzo del genere per il pur pregiato fungo: «Farmi una domanda sul prezzo non ha senso, non è un problema che mi riguarda. C’è chi è capace di spendere 7.000 euro per una bottiglia di buon vino o chi spende 1.000 euro per un telefonino. Il mio è uno dei migliori ristoranti d’Italia...». Da notare che il tartufo quest’anno ha subito una certa svalutazione: se un etto lo scorso ottobre poteva costare tra i 200 e i 300 euro, a novembre era attestato sui 200 (2 euro circa al grammo). Anche se è vero che i costi del fungo raddoppiano nel solo passaggio da Alba a Milano e che aumentano esponenzialmente con l’aumentare di peso del tartufo.

lastampa.it

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