ROMA - Chimica in cucina? Con attenzione e dichiarandola sempre. Ne sono convinti chef stellati come Antonello Colonna dell'Open di Roma, Fulvio Pierangelini del 'Gambero Rosso' di San Vincenzo (Livorno) e Gianfranco Vissani. Tutti e tre tornano oggi a commentare il primo posto di Ferran Adrià - teorico della gastronomia molecolare - e del suo ristorante El Bulli, nella recente classifica stilata dal S.Pellegrino World's 50 best restaurants 2009.
La cucina è anche una disciplina sportiva e come tale deve essere giudicata dall' uomo che a volte può sbagliare causando informazioni poco esatte". "Non vorrei - conclude - che un giorno si arrivi, vista l'evoluzione, a decidere il primato con un fotofinish gastronomico. Se cosi fosse: w la tecnologia, w la chimica, w Ferran Adrià". Stesso parere da parte di Gianfranco Vissani, altro chef italiano pluristellato: "L'Italia ha un grande patrimonio di sapori e non vanno persi. Se dobbiamo invece prendere prodotti chimici o congelati per mandare avanti la nostra cucina, allora proprio non sono d'accordo". "Se è vero - spiega - che ogni cuoco ha il diritto di cucinare a modo suo, è altrettanto vero che a mio giudizio conta il sapore in prima battuta. Se porto in tavola il maialino, voglio sentire il maialino. E soprattutto - aggiunge ancora - che i prodotti che si propongono non facciano male.
La gastronomia italiana è un grande patrimonio da tutelare, e il made in Italy è vincente". Anche Fulvio Pierangelini usa gli stessi concetti: "il mio stile di cucina punta ad ottenere il massimo potenziale da ogni prodotto. Cerco di tirare fuori tutto quello che può. La cucina di Adrià, che conosco personalmente ma da cui non ho mai mangiato, usa altre tecniche e tenta di arrivare ad una soluzione con altre vie". "L'importante però - chiude Pierangelini - sono le conoscenze e l'onestà intellettuale. Quando ci sono queste, direi che va bene tutto"
"Anche l'amore è chimica - dice Colonna - ma non tutti usano il viagra...". E subito dopo, riferendosi ai recenti servizi di Striscia la notizia che ha indagato sui prodotti chimici usati dallo chef spagnolo, aggiunge: "Secondo me bisogna aprirsi sempre alle evoluzioni, alla tecnologia, alla ricerca, mantenendo e preservando però l'identità e il carattere ognuno nelle proprie tradizioni della grande cucina italiana". "La mia preoccupazione - prosegue - è nel fatto che alcuni giovani chef seguendo certe nuove tendenze possano perdere la memoria dei sapori e la memoria dei valori.
La cucina è anche una disciplina sportiva e come tale deve essere giudicata dall' uomo che a volte può sbagliare causando informazioni poco esatte". "Non vorrei - conclude - che un giorno si arrivi, vista l'evoluzione, a decidere il primato con un fotofinish gastronomico. Se cosi fosse: w la tecnologia, w la chimica, w Ferran Adrià". Stesso parere da parte di Gianfranco Vissani, altro chef italiano pluristellato: "L'Italia ha un grande patrimonio di sapori e non vanno persi. Se dobbiamo invece prendere prodotti chimici o congelati per mandare avanti la nostra cucina, allora proprio non sono d'accordo". "Se è vero - spiega - che ogni cuoco ha il diritto di cucinare a modo suo, è altrettanto vero che a mio giudizio conta il sapore in prima battuta. Se porto in tavola il maialino, voglio sentire il maialino. E soprattutto - aggiunge ancora - che i prodotti che si propongono non facciano male.
La gastronomia italiana è un grande patrimonio da tutelare, e il made in Italy è vincente". Anche Fulvio Pierangelini usa gli stessi concetti: "il mio stile di cucina punta ad ottenere il massimo potenziale da ogni prodotto. Cerco di tirare fuori tutto quello che può. La cucina di Adrià, che conosco personalmente ma da cui non ho mai mangiato, usa altre tecniche e tenta di arrivare ad una soluzione con altre vie". "L'importante però - chiude Pierangelini - sono le conoscenze e l'onestà intellettuale. Quando ci sono queste, direi che va bene tutto"
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